Il rischio sui luoghi di lavoro si affronta attuando il seguente processo iterativo:
a) Individuazione e analisi del rischio,
b) Valutazione del rischio,
c) Definizione delle misure di prevenzione,
d) Definizione delle misure di protezione,
e) Formazione/informazione.
I rischi possono essere classificati nelle seguenti tre tipologie:
- d’incendio;
- di crollo di parti della struttura,
- di non conformità a carico di parti dell’immobile o di singoli locali;
- di allagamenti;
- di terremoti;
- da uso di macchine che espongono a rischi di traumi o tagli o in generale infortuni vari;
- di esplosioni;
- di impianti e attrezzature di lavoro. In genere in questa classe rientrano quei rischi che possono
comportare un grave danno fisico, menomazioni infortuni e nel caso più grave la morte.
- derivanti dalle esposizioni ad agenti chimici o fisici (rumore, vibrazioni campi elettromagnetici ecc);
- connessi alla salubrità dei locali, a condizioni igienico sanitarie, a microclima, e più in generale
tutti quei fattori che possono compromettere la salute dei lavoratori in casi di esposizione
prolungata agli agenti sopra menzionati.
- organizzazione del lavoro e mansioni,
- turni di lavoro;
- monotonia delle mansioni con azioni meccaniche e non differenziate;
- criticità derivanti dalle differenze di genere.
Fattori di rischio per la sicurezza dei lavoratori |
- Scivolamento, caduta a livello |
- Caduta dall’alto |
- Caduta di materiale dall’alto |
- Urti, colpi, impatti, compressioni |
- Punture, tagli, abrasioni, ustioni |
- Cesoiamento o stritolamento |
- Investimento, incidente stradale |
- Incendio |
- Esplosione |
- Elettrocuzione |
Fattori di rischio per la salute, di tipo fisico |
- Rumore |
- Vibrazioni mano braccio |
- Vibrazioni corpo intero |
- CEM (radiazioni non ionizzanti) |
- Radiazioni ottiche artificiali |
- Radiazioni ionizzanti |
- Microclima termico |
Fattori di rischio per la salute, di tipo chimico |
- Agenti chimici |
- Agenti cancerogeni e mutageni |
- Amianto |
Fattori di rischio per la salute, di tipo biologico |
- Agenti biologici |
Fattori di rischio per la salute, di tipo organizzativo |
- Movimentazione manuale dei carichi |
- Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori |
- Attrezzature munite di videoterminale |
- Stress lavoro-correlato |
Fattori di rischio di tipo organizzativo |
- Mancanza o inefficacia di procedure interne; |
- Scarso coinvolgimento dei dipendenti a tutti i livelli; |
- Carenza metodologica; |
- Non chiare attribuzioni di responsabilità |
- Insufficiente informazione e formazione |
Fattori di rischio di tipo trasversale, di genere |
- Presenza di lavoratrici di sesso femminile |
- Presenza di lavoratrici gestanti e puerpere |
- Presenza di apprendisti e minori |
- Presenza di lavoratori provenienti da altri paesi |
Fattori di rischio di tipo trasversale |
- Lavoro notturno |
- Attività prevista dal provvedimento 16/03/2006, ex Legge 125/2001 in materia di alcoldipendenza |
- Attività previste dal provvedimento 30/10/2007, ex D.P.R. 309/1990 in materia di abuso di sostanze psicoattive |
La valutazione inizia con la identificazione dei rischi potenzialmente presenti nelle attività lavorative svolte nell’azienda. La identificazione dei rischi avviene attraverso le seguenti attività:
Per ogni rischio individuato viene poi definito un valore del livello di rischio applicando la formula:
R = P x D
dove R rappresenta il livello di rischio, P la probabilità o frequenza del verificarsi del danno atteso e D individua la magnitudo (impatto o danno) del danno stesso.
Tabella 51: scala dei valori della probabilità “P”
La probabilità P é espressa, a esempio, in numero di volte in cui il danno può verificarsi in un dato intervallo di tempo. Il danno D, invece, è stimato sulla base delle possibili conseguenze del rischio e, dove presente, sulla base del superamento o meno di valori limite imposti dalla legislazione vigente per quel rischio.
Nelle due tabelle seguito è riportato un esempio di quantificazione dei valori di P e D attraverso una scala semi-quantitativa:
Tabella 52: scala dei valori del danno “D” (o magnitudo)
I valori di “P” e “D”, applicati ai fattori di rischio identificati come presenti, vengono stimati considerando:
Definiti la probabilità “P” e il danno “D”, il valore di ogni rischio viene calcolato mediante la formula R= P x D e si può raffigurare in una rappresentazione matriciale:
P |
4 |
4 |
8 |
12 |
16 |
|
3 |
3 |
6 |
9 |
12 |
||
2 |
2 |
4 |
6 |
8 |
||
1 |
1 |
2 |
3 |
4 |
||
1 |
2 |
3 |
4 |
D |
Nella prima matrice è possibile identificare quattro possibili “livelli di rischio”. I rischi maggiori occupano le caselle in alto a destra (danno gravissimo, probabilità elevata), quelli minori le posizioni più vicine all’origine degli assi (danno lieve, probabilità trascurabile).
Livello di rischio |
R = P x D |
Programma delle misure di |
ALTO |
9 ≤ R ≤ 16 |
Programmare misure di prevenzione e protezione IMMEDIATE |
MEDIO |
6 ≤ R ≤ 8 |
Programmare misure di prevenzione e protezione nel BREVE TERMINE |
BASSO |
3 ≤ R ≤ 4 |
Programmare misure di prevenzione e protezione nel MEDIO TERMINE |
TRASCURABILE |
1 ≤ R ≤ 2 |
Programmare misure di prevenzione e protezione nel LUNGO TERMINE |
Figura 62: livelli di rischio e programma di gestione
Per ogni fattore di rischio rilevato, entro una determinata scadenza, deve essere indicata la misura di prevenzione e protezione che il datore di lavoro deve adottare per eliminare o ridurre al minimo il rischio, nel rispetto delle misure generali di tutela (art. 15 D.Lgs 81/2008) e dei principi generali di prevenzione. Tutte le variazioni alla valutazione dei rischi devono essere immediatamente riportate nel DVR. Generalmente gli aggiornamenti del DVR avvengono nei seguenti casi:
I rischi ai fini della sicurezza aziendale possono essere classificati nelle seguenti quattro modalità di gestione:
rischi eliminabili o eludibili sono quelli che si possono evitare alla fonte, con interventi che lasciano quasi sempre integra l’attività produttiva e agiscono, invece, sulla dinamica del sistema;
rischi riducibili sono quelli per i quali è possibile una attenuazione, ma non la completa eliminazione degli stessi, agendo sui fattori che generano le condizioni di rischio, ossia sull’interazione uomo-macchina-ambiente e sulla organizzazione del lavoro;
rischi ritenibili sono quelli, generalmente di bassa magnitudo o probabilità, che l’azienda può ritenere di tollerare, con l’assunzione diretta, però degli oneri conseguenti all'eventuale verificarsi degli eventi dannosi,
rischi trasferibili sono quelli per i quali l’azienda trasferisce ad altri il rischio in cambio di un costo.
Figura 63: classificazione dei rischi in funzione delle modalità di gestione ed esempi
La prevenzione è l'insieme di azioni finalizzate a impedire o ridurre il rischio, ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati. Gli interventi di prevenzione sono in genere rivolti all'eliminazione o, nel caso in cui la stessa non sia concretamente attuabile, alla riduzione dei rischi che possono generare dei danni. Nell'ambito lavorativo la "prevenzione" è definita dall'art. 2 lett. n) del D.Lgs.81/2008 come «il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno»;. Per “protezione” invece si intendono «il complesso delle misure finalizzate a limitare le conseguenze dannose di un evento, una volta che questo si è manifestato»
L’art. 15 - Misure generali di tutela del Capo III - Gestione della Prevenzione nei luoghi di lavoro, Sezione I - Misure di tutela e obblighi, recita testualmente:
1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata a un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;
c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;
i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
n) l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) l’istruzione adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v) l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Le misure di prevenzione del rischio sono di tipo strutturale o organizzativo, come:
Le principali misure di prevenzione sono individuate in:
Le principali misure di protezione (dal rischio) sono individuate in:
I dispositivi di protezione collettiva hanno la funzione di proteggere gruppi di lavoratori.
Alcuni esempi di protezioni collettive sono:
- schermi protettivi,
- ripari e tettoie,
- parapetti,
- barriere ignifughe,
- cappe di aspirazione,
- aree sottoposte a restrizione.
Il TUSL ricorda che va data la priorità ai sistemi di protezione collettivi.
- gli elmetti, destinati alla protezione della testa, contro gli urti o la caduta di oggetti dall’alto; gli occhiali, le visiere o gli schermi, per proteggere il viso da spruzzi e schegge;
- le maschere antipolvere, antigas e gli autoprotettori, a protezione delle vie respiratorie da polveri, gas e vapori;
- le cuffie, i tappi e gli archetti a protezione dell’apparato uditivo;
- vari tipi di tute, grembiuli e completi, a protezione del corpo; vari tipi di guanti, a protezione degli arti superiori; vari tipi di calzature, a protezione degli arti inferiori;
- le funi, le cinture di sicurezza e gli altri sistemi di trattenuta, per prevenire le cadute dall’alto.
Per il corretto utilizzo dei DPI può essere previsto uno specifico addestramento che è obbligatorio per quelli destinati alla protezione dell’udito. L’uso dei DPI è obbligatorio quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
- gli impianti di rilevazione incendio ed estinzione (per esempio sprinkler);
- le attrezzature di estinzione, quali idranti, estintori manuali o carrellati con varie tipologie di estinguenti;
- gli impianti di allarme e avvertimento, quali altoparlanti, badenie, sirene ecc. di tipo automatico o manuale.
- il tipo di attività e il livello di pericolosità della stessa;
- la consistenza numerica della popolazione normalmente presente nei luoghi di lavoro;
- la collocazione dell’azienda rispetto ai centri abitati o attrezzati.
Un piano di emergenza deve essere predisposto e tenuto sempre aggiornato e, per gli aspetti legati alle situazioni di prevenzione degli incendi, deve contenere:
- le azioni che i lavoratori devono eseguire in caso di un incendio;
- le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro;
- le disposizioni per chiedere l’intervento dei Vigili del fuoco;
- le specifiche misure per assistere le persone disabili.
Per quanto attiene al piano di “primo soccorso”, esso è incentrato sulle azioni da seguire per garantire a una persona infortunata un’adeguata assistenza in attesa dell’arrivo dei soccorsi istituzionali esterni. Le principali misure di protezione, definite in funzione delle dimensioni dell’azienda, riguardano:
- la designazione dei lavoratori incaricati di attuare le misure di primo soccorso;
- la definizione dei rapporti con i servizi esterni di soccorso e le disposizioni per richiederne l’intervento in modo completo;
- la disponibilità in azienda dei presidi e delle attrezzature di primo soccorso, quali per esempio le cassette di primo soccorso, i defibrillatori ecc.;
- la regolamentazione dei comportamenti da adottare o da evitare in presenza di un infortunio.
D. Lgs. 81/2008 Art. 36 - Informazione ai lavoratori
"...
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a. sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
b. sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;
c. sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;
d. sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del
medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a. sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le
disposizioni aziendali in materia;
b. sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle
schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c. sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.
..."
D. Lgs. 81/2008 Art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
"...
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata
in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a. concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale,
diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b. rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione
e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
..."
L’informazione dei lavoratori in materia di sicurezza in riferimento alla propria mansione può avvenire in vari modi come per esempio attraverso:
L’azienda deve conservare documentazione o verbali di attestazione delle attività svolte. La formazione dei lavoratori in materia di sicurezza è obbligatori e deve essere svolta presso il proprio posto di lavoro attraverso:
I nuovi assunti devono svolgere un corso all’inizio della loro attività.
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